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Matteo Negri va costruendo da tempo, per vie felicemente non lineari, una sottrazione definitiva della pratica d'arte dalle sue componenti normative. Opera per coinvolgimenti sensibili forti, per evidenze conclamate, come sempre incorniciando in una dimensione di messinscena pensieri formali e circostanze mentali. Lavora, anche, sulle categorie ormai lise della storia artistica del Novecento, sul loro sdrucito nominare natura e artificio, visione e illusione, forma e ragionamento sulla e della forma. L'artista conduce un'operazione che ha il proprio innesco nella fascinazione e la sua sovversione gentile passa attraverso un'immersione e una deriva sensoriale complessa e fastosa, che non è inappropriato dire barocca. Per chi lo voglia, è uno dei meno scontati modi odierni di rimettere in circolo ragionamenti d'arte, chiedendosi, oltre il come, anche il perché.